Cantico dei Cantici

Nel giardino della Parola: un cammino attraverso le Scritture

Carissime lettrici, carissimi lettori,

 

nel ritrovare la quiete della pagina scritta, dopo un periodo dedicato alla parola detta e alla sua vivace immediatezza, avverto il richiamo profondo di questo spazio condiviso – il nostro dialogo silenzioso attraverso Communio biblica. Vi propongo un viaggio particolare: un’esplorazione cadenzata delle Scritture, dove ogni passo diventa occasione di scoperta comune.

 

Concepisco questi scritti come frammenti di un’intima confidenza intellettuale, dove le riflessioni si intrecciano ai dubbi (quei compagni fedeli di ogni autentica ricerca), dove lo stupore si fonde con l’interrogativo, in quel movimento perpetuo che nasce dall’incontro quotidiano con il testo sacro. La lettura della Bibbia, d’altronde, non è mai un esercizio di passiva ricezione: si configura piuttosto come una lotta corpo a corpo, un abbraccio – talvolta arduo – con parole che, pur provenendo da un tempo remoto, ci toccano nelle profondità dell’essere.

 

Il pensiero corre spesso a quella figura emblematica di Giacobbe, alla sua notte enigmatica presso lo Iabbok. Come lui, che ritornava da Labano dopo aver edificato un’esistenza intera – una famiglia numerosa, dodici figli, e figlie il cui numero si perde nelle pieghe silenziose della storia – anche noi ci ritroviamo in quel guado simbolico, in quella soglia tra il familiare e l’ignoto.

 

E come lui, ci ritroviamo impegnati in una lotta notturna con una presenza misteriosa – quel ʾı̂š, quell'”uomo” che il testo lascia avvolto nel mistero. Quanto risulta familiare questa scena per chi si avventura nell’esplorazione delle Scritture! Lottiamo con parole custodite in lingue antiche, con narrazioni che attraversano i secoli, eppure in questo confronto risiede qualcosa di eternamente presente: il dialogo dell’umano con l’Assoluto, quella ricerca che trascende il tempo.

 

Chi si addentra in questa lotta scritturale si ritrova come in quella notte primordiale: avanziamo nell’oscurità, stringendo tra le braccia un mistero che ci sfida e ci plasma. Ignoriamo il nome di chi ci sta trasformando, eppure emergiamo benedetti, segnati indelebilmente. E quando pensiamo di aver colto un significato definitivo, scopriamo che è solo un bagliore, una promessa che spinge oltre: ogni parola compresa diviene invito a cercarne altre, ogni versetto illuminato sussurra la presenza di ulteriori profondità da esplorare, in un pellegrinaggio spirituale senza fine.

 

Nel nostro cammino comune, mi lascio guidare dalla sapienza dello studioso sefardita Armand Abecassis, che suggerisce di accedere al giardino del testo – PaRDeS, in ebraico – attraverso quattro porte di comprensione progressivamente più profonde:

 

P come pešat: l’incontro primario con la superficie del testo, dove una vigna rimane semplicemente vigna. È il momento in cui permettiamo alle parole di parlarci nella loro immediata semplicità, come quando incontriamo uno sconosciuto e ne cogliamo anzitutto il volto.

 

R come remez: il momento del “suggerimento”, quando una vigna evoca altre vigne, quando le parole iniziano a tessere una rete di connessioni, come stelle che formano costellazioni nel firmamento della memoria. Un testo mormora all’orecchio di un altro, una narrazione risveglia echi di altre storie.

 

D come daraš: qui penetriamo nel cuore dell’interpretazione, dove il testo diviene specchio dell’esistenza. È il momento in cui le parole antiche illuminano il nostro presente, in cui il senso letterale si schiude a significati più profondi che toccano il nostro vivere.

 

S come sod: la porta del mistero, dove il testo diviene finestra sull’infinito. Qui ogni parola può trasformarsi in scala verso il cielo, ponte verso l’altro, sentiero verso l’Altissimo.

 

In questo percorso, mi impegno a mantenermi fedele alla lettera del testo, dialogando con la ricca tradizione di esegeti ebrei e cristiani che ci hanno preceduto. Ma soprattutto, desidero condividere quella lotta notturna con le parole, nella convinzione che proprio nella fatica della ricerca si possano aprire squarci di luce, come l’aurora che sorprese Giacobbe dopo la sua notte di confronto.

 

Vi invito a incamminarvi con me in questo giardino di parole, dove ogni passo può celare una rivelazione, ogni svolta può condurre a una scoperta, ogni incontro può trasformarsi in benedizione.

 

Al prossimo incontro…

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