Nel libro della Genesi Sara (Sārâ), che significa «principessa», è la prima donna che si incontra dopo Eva “la madre dei viventi”. I capitoli 1 – 11 fanno accenno ad altre donne, ma sono semplicemente dei nomi e non hanno particolare rilievo, eccezione fatta per Eva.
Con al chiamata di Abramo inizia una nuova tappa della storia della salvezza e il narratore biblico, sin da subito, menziona, accanto ad Abramo, Sara. Non si può conoscere l’uno senza l’altra: la vocazione di Abramo è la vocazione di Sara, seppure con accenti differenti. La sua “storia” è inscindibile da quella di Abramo, pur non sovrapponendosi ed è legata a due promesse di Dio; la discendenza e la terra: i due temi costituiranno il filo rosso dei capitoli di Genesi 11 – 23.
Un binario morto
La prima annotazione la si ha in Gen 11,27-32 con utili informazioni per la storia della nostra protagonista.
Questa è la discendenza di Terach: Terach generò Abram, Nacor e Aran; Aran generò Lot. Aran poi morì alla presenza di suo padre Terach nella sua terra natale, in Ur dei Caldei. Abram e Nacor presero moglie; la moglie di Abram si chiamava Sarài e la moglie di Nacor Milca, che era figlia di Aran, padre di Milca e padre di Isca. Sarài era sterile e non aveva figli. Poi Terach prese Abram, suo figlio, e Lot, figlio di Aran, figlio cioè di suo figlio, e Sarài sua nuora, moglie di Abram suo figlio, e uscì con loro da Ur dei Caldei per andare nella terra di Canaan. Arrivarono fino a Carran e vi si stabilirono.La vita di Terach fu di duecentocinque anni; Terach morì a Carran.
Si rimane sorpresi nel constatare che la storia di Abramo inizi nel segno della morte e della sterilità. Aran, uno dei tre figli di Terach, muore subito; degli altri due, Abramo e Nacor, si menzionano le mogli: Sarai (poi Sara) e Milca. Di Sara si aggiunge subito che «era sterile e non aveva figli». Sterilità è assenza di futuro, oltre che di benedizione. Un contrasto stridente con la discendenza di Nacor, avuta dalla moglie Milca e dalla concubina Reuma: dodici figli in tutto (cfr. Gen 22,20-24). A questo si aggiunge lo sradicamento dalla terra: Terac è partito dalla sua terra per il paese di Canaan, ma non ci arriverà mai, morirà prima. Abramo proseguirà il viaggio con la moglie sterile. La coppia patriarcale vive una povertà estrema: non c’è più il passato (il padre morto, il paese lasciato), non c’è più il futuro (il figlio, la terra). Questa coppia si trova su un binario morto!
Un lampo di speranza
Su questo scenario di morte, scende sovrana la parola di Dio (Gen 12,1) che spalanca orizzonti inimmaginabili. Il testo delle promesse di Gen 12,1-3 (terra e discendenza) è rivolto principalmente ad Abramo, ma non possiamo escludere Sara. Il suo coinvolgimento è chiaramente espresso in Gen 12,5, quando il narratore afferma che:
Abram dunque prese la moglie Sarai e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate e si incamminarono verso il paese di Canaan» (Gen 12,5).
Arrivano nella terra di Canaan, l’attraversano tutta per prenderne possesso; a questo punto il narratore annota che «nel paese si trovavano i Cananei» (Gen 12,6). Come potrà diventare la terra di Abramo se è già occupata? La risposta a questo interrogativo arriverà alla fine della storia di Abramo, quando il patriarca acquisterà la grotta di Macpela, presso Ebron per seppellire la moglie Sara. Ma prima di giungere a questa conclusione, la narrazione si sofferma sulle difficoltà inerenti alla promessa della discendenza: come si attuerà? come diventerà “nazione grande”? Abramo, non lo si dimentichi, ha 75 anni al momento della partenza da Carran e Sara è sterile! Il loro peregrinare verso la terra è soprattutto un peregrinare nella fede su di una Parola ricevuta.