Così dice il Signore: ¹«Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. ²Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, ³non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. ⁴Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento.
⁶lo, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, ⁷perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre».
Nella seconda parte del libro del profeta Isaia si trovano quattro brani che usualmente sono chiamati i Canti del Servo; sono tra i testi più indagati dell’Antico Testamento dagli studiosi biblici. Raccontano la storia di un misterioso personaggio, molto difficile da identificare. Infatti, alcuni riferimenti sembrano alludere alla figura di un re, altri a un profeta, altri ancora al popolo di Israele. Qualcuno vi scorge richiami alla vita stessa del profeta, che ha predicato ai deportati di Babilonia.
Le ipotesi si sono moltiplicate e alle volte sono state molto fantasiose, noi però, per cogliere il senso del passo, facciamo riferimento alla racconto molto semplice che si trova nel libro degli Atti degli Apostoli. All’eunuco etiope che stava leggendo il quarto Canto del Servo, Filippo chiede: «Capisci quello che stai leggendo? Ed egli rispose: E come potrei capire, se nessuno mi guida?… Allora Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù» (At 8,30-35).
L’autore degli Atti degli Apostoli testimonia che i primi cristiani hanno riconosciuto nel Servo del Signore del profeta Isaia l’immagine del rabbì di Nazareth, Gesù. Sono numerosi i testi del Nuovo Testamento in cui la missione di Gesù e soprattutto la sua passione e morte sono state rilette alla luce dei Canti del Servo (cfr. Mt 8,17; 17,5; Lc 22,37; 1 Pt 2,22.24).
II Servo, l’eletto (v. 1)
Nella domenica del Battesimo di Gesù ci viene proposto il primo dei quattro Canti. È Dio stesso che, come se si trovasse di fronte a un’assemblea di alti dignitari, presenta il suo Servo: «Ecco il mio servo, ecco colui che gode del mio incondizionato appoggio» (v. 1).
Nel nostro contesto il termine servo ha un’accezione negativa, è riferito a chi deve sottostare a un padrone. Nell’antichità però erano chiamati servi anche gli ufficiali di un grande sovrano e in questi casi il titolo era motivo di onore. Di conseguenza nella Bibbia, eccellenti personaggi come Abramo, i patriarchi, Mosè, Davide, i sacerdoti, i profeti sono chiamati servi del Signore, non perché privi di libertà, ma perché avevano posto la loro vita a disposizione di un “altro”, del più grande dei re, il Signore. Per questi uomini il titolo di servi costituiva un motivo di sommo onore.
Il personaggio di cui si parla nel libro di Isaia è anonimo, ma più che la sua identità concreta, a noi interessa cogliere la sua dimensione spirituale, il suo rapporto con Dio, la sua completa disponibilità a svolgere una difficile missione. Il titolo di Servo del Signore gli è stato attribuito come nome proprio e Dio, continuando a presentarlo, ne spiega la ragione. Ecco il mio eletto – dichiara – ecco colui che corrisponde perfettamente ai miei desideri, colui del quale mi compiaccio.
A noi l’elezione richiama la preferenza nei confronti di qualcuno e l’esclusione di altri. Non ci piace sentir parlare di popolo “eletto”, di stirpe “eletta”, perché queste espressioni risvegliano i drammatici ricordi delle follie commesse in nome di una “razza eletta” o di “una razza pura”.
Accade, purtroppo, che chi è stato scelto dal Signore interpreti la propria elezione secondo categorie e criteri umani e accampi diritti a onori e privilegi. Ma l’elezione di Dio non ha nulla a che vedere con l’esclusivismo, il particolarismo, il separatismo. Quando Dio sceglie una persona o un popolo, lo fa solo per affidargli una missione (sempre difficile, gravosa, poco gratificante), per chiedergli un servizio in favore degli altri. Il Servo del Signore della nostra lettura è cosciente del significato dell’elezione divina, sa che non ne ricaverà alcun vantaggio, anzi, che dovrà sacrificare la propria vita. Chi gli darà la forza?
L’uomo «è carne», cioè, è rivestito di debolezza. Quando il Signore chiede a qualcuno di svolgere un compito, gli dà anche le capacità per adempierlo. Al suo Servo il Signore comunica come sostegno il suo Spirito, la sua energia divina.
Si accenna anche, fin dall’inizio, alla missione che viene affidata: egli è incaricato di portare il diritto alle nazioni, di far trionfare nel mondo la giustizia, la giustizia di Dio che consiste nella sua benevolenza, nella sua salvezza.
Come svolgerà la sua missione? (vv. 2-5)
Non si dice che cosa farà, ma quali comportamenti eviterà. Non adotterà i metodi che hanno permesso ai faraoni d’Egitto, ai re assiri e babilonesi di divenire i dominatori del mondo. Egli non si imporrà con la forza, con le minacce di sanzioni o guerre preventive contro chi non si adegua alle sue disposizioni. Non griderà, non alzerà la voce come i sovrani che fanno proclamare agli araldi nelle piazze (ora digitali) i loro decreti, che millantano sui cippi collocati nei punti strategici del regno le loro poco credibili imprese.
Non sarà intollerante né intransigente con i deboli. Non condannerà nessuno. Recupererà chi ha sbagliato invece di annientarlo e distruggerlo, ricostruirà con pazienza e rispetto ciò che sta andando in rovina. Per lui non ci saranno mai casi perduti, situazioni irrecuperabili. Sarà anche tentato dallo scoraggiamento di fronte ad un’opera tanto ardua, ma si manterrà fermo e deciso nel portarla a termine e non arretrerà di fronte a nessun ostacolo. Sarà mite, ma non debole, non si lascerà intimidire da nessuno.
Nel vangelo, questa parte del Canto è stata applicata direttamente a Gesù. Dopo aver narrato le molte guarigioni da lui operate, Matteo annota: egli impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto dal profeta Isaia… e continua citando il nostro testo (Mt 12,16-21).
Un compito straordinario
Per tre volte nei primi versetti si fa riferimento al diritto che il Servo porterà alle nazioni (v. 1), proclamerà con verità (v. 3), stabilirà sulla terra (v. 4). Il termine ebraico per diritto è mišpaṭ, il quale indica il progetto di Dio sul mondo. Il Servo è inviato ad annunciarlo e a promuoverlo, dando inizio a relazioni nuove fra gli uomini e fra i popoli.
Compito difficile, ma è proprio perché lo realizzasse che il Signore lo ha inviato nel mondo. Lo ha plasmato nel grembo materno, prima che uscisse alla luce – come ha fatto con Geremia (Ger 1,5) –, lo ha formato con le caratteristiche e con le qualità necessarie per essere alleanza del popolo e luce delle nazioni (v. 6). Si tratta di una duplice missione: anzitutto, con la propria vita, testimonierà al suo popolo la fedeltà all’alleanza, è stata infatti l’infedeltà a Dio che ha provocato la rovina e l’esilio a Babilonia. Ma la sua missione non rimarrà racchiusa negli angusti confini di Israele, la sua fedeltà al Signore diverrà luce per tutte le nazioni del mondo, per tutta l’umanità. Dio non lo abbandonerà mai, lo prenderà per mano e lo accompagnerà in ogni momento della sua vita (v. 6).
L’ultimo versetto (v. 7) è riferito al compito che il Servo è chiamato a svolgere nei confronti degli esiliati. Sono loro i ciechi ai quali dovrà aprire gli occhi affinché si rendano conto che la catastrofe nazionale è stata causata dalle loro infedeltà. Sono loro i prigionieri che dovrà far uscire dal carcere delle loro grettezze e meschinità. Sono loro che dovrà tirar fuori dal mondo tenebroso del peccato. Difficile non scorgere in ogni dettaglio della storia di questo misterioso Servo del Signore la figura di Gesù di Nazaret.
Sicuramente sono passi profetici e seppur si possono accostare ad altri pe4sonaggi biblici essi si adempiono perfettamente in Cristo. Tutta la sua vita è stata un esempio di come Dio pensa sull’uomo. Ha adempiuto il suo compito e riscattato ogni uomo, ci ha detto con parole e opere in cosa consista essere giusti secondo Dio. L’uomo stenta ad afferrare tutto lo splendore che ci ha donato il Cristo, questa nebbia fosca che avvolge il mondo persiste perché l’umanità continua ad essere abbagliata da false luci ma nonostante questo che accade questo Servo ha compiuto ogni giustizia. Non capiamo i tempi di Dio in cui ogni cosa è Oggi, non si stanca di salvare e di chiamare perché in Cristo tutto è stato salvato, tutto redento. Noi che ci diciamo cristiani, cioè cristificati tradiamo questo nome ogni volta che non capiamo che questa missione ci appartiene. Non noi abbiamo la forza di annunciare ma lo Spirito che è stato invocato su di noi, lui ci dice che questa missione è si di Cristo ma lo è anche del suo corpo mistico, cioè la Chiesa, cioè noi. Ci verrà chiesto che servi siamo stati, se anche noi abbiamo avuto compassione del povero e del misero e se per il fratello abbiamo offerto in Cristo la nostra vita.