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Testimoni delle meraviglie da lui compiute

At 10,34.37-43

La testimonianza di Pietro innanzi alla famiglia di Cornelio è parte di un’ampia unità letteraria che va dal cap. 10 al cap. 11 e che racconta l’origine della missione ai pagani. È il momento in cui il mandato programmatico di Gesù si realizza: «…riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8). Nei primi nove capitoli del libro, la comunità delle origini realizza il mandato portando l’annuncio della morte e risurrezione di Gesù in Gerusalemme, nella Giudea e nella Samaria. La seconda parte – «fino ai confini della terra» – inizia proprio dalla casa di Cornelio. Leggiamo il testo:

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».

Cornelio, «centurione della coorte detta Italica» (10,1), è introdotto come un uomo giusto, pio e caritatevole, ma non-ebreo, cioè pagano. È dunque un estraneo, qualcuno che non appartiene al popolo dell’alleanza e non può essere discepolo del Messia d’Israele. Eppure, il libro degli Atti testimonia che Dio non ama confini: un angelo è inviato a Cornelio (10,3) e una visione a Pietro (10,10-19); lo Spirito di Dio discende sui pagani come era disceso sui discepoli (10,47). La volontà salvifica di Dio costruisce, dunque, un ponte di comunione tra mondi diversi, un ponte radicato nella morte e risurrezione del Cristo e sigillato dal dono dello Spirito.

Gesù consacrato in Spirito Santo e potenza

Nel testo proposto dalla liturgia sono riportate le parole di Pietro. Leggendole possiamo scoprire la diversità tra questo e altri discorsi contenuti nel libro degli Atti degli apostoli, focalizzati sulla morte e risurrezione del Signore (2,14-40; 3,1-26; 13, 16-41, ecc.). La testimonianza nella casa di Cornelio racconta invece il cammino di fede dei dodici e la loro esperienza di Gesù. Pietro non “predica”, ma condivide la propria esperienza di discepolo divenuto credente. Racconta come Gesù, consacrato dallo Spirito, camminò incontro all’uomo, ad ogni uomo, facendo del bene, liberando da ogni forma di male: possessione diabolica, malattia, fame, paura, [pandemia] ecc. La risposta umana all’offerta di salvezza di Dio fu la croce, descritta in termini che ricordano Dt 21,22-23. Il male, simbolizzato dalla croce, non ha potuto, però, fermare l’agire liberante di Dio. Anzi, proprio la distruzione dell’umanità di Gesù ha rotto il prezioso vaso, sprigionando il profumo fragrante dell’amore del Padre, un amore capace di trasformare la morte in risurrezione.

Questo annuncio di salvezza è stato affidato agli uomini e alle donne che hanno seguito Gesù – dal battesimo nel Giordano all’ascensione al cielo – camminando con lui dalla Galilea a Gerusalemme. Sono coloro che lo hanno ascoltato, spesso senza capirlo; hanno mangiato e bevuto con lui. Sono coloro che lo hanno visto morire sulla croce, sono corsi alla tomba vuota e hanno toccato le sue ferite, divenendo certi che violenza e morte non possono spegnere la Vita.

La salvezza di Dio è per tutti

Mentre condivide la propria esperienza, Pietro approfondisce la propria fede. Scopre, infatti, che Gesù non è soltanto il Messia d’Israele, ma Colui che ha offerto la propria vita anche per «altre pecore che non provengono da questo recinto» (Gv 10,16). Pietro comprende che la vita e la morte di Gesù è un’offerta di salvezza capace di trascendere ogni barriera etnica e religiosa, come anche Paolo proclamerà nella sua lettera ai Galati in 3,28: «Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù». Credo che in ogni generazione la comunità credente è inviata come Pietro per scoprire che Dio non fa parzialità: in Dio non esistono stranieri, estranei, noi e loro… La fede non è un possesso riservato a pochi, ma è un dono per l’umanità tutta, un seme che fiorisce soltanto quando è posto nelle mani di un altro.

Pietro comprende ancora che l’annuncio della salvezza non può dunque prescindere dalla modalità di Dio. È un annuncio che scuote, che scandalizza, come Paolo ricorderà più volte nelle sue lettere: ai Corinzi in cerca di segni grandi e di una sapienza superiore annuncerà, «Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani» (1 Cor 1,23). Ed ai Galati tentati di seguire la via sicura della Legge, proclamerà un Messia divenuto «…lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno» (Gal 3,13). Il paradosso cristiano annunciato da Pietro, Paolo e dalla comunità delle origini è, dunque, che la salvezza di Dio ha raggiunto tutti attraverso la morte del Messia d’Israele.

Credo che questo testo assuma un valore particolare in questo giorno di Pasqua, in cui siamo ricondotti al cuore della nostra fede. Che cosa vuol dire proclamare la morte e la risurrezione di Gesù? Come questa certezza segna il nostro quotidiano e cambia le nostre relazioni? La salvezza proclamata da Pietro è liberazione dell’uomo nella sua totalità, dalla malattia che lo prostra, dalla fame che lo tormenta, dalla precarietà ancor più marcata dalla crisi pandemica che rende incerto il suo futuro. La salvezza proclamata da Pietro è l’instaurazione della logica di Dio come misura del vivere umano. Pietro ha visto questo nella persona di Gesù che «passava facendo del bene» e ha compreso che essere testimone della sua risurrezione implica “essere Lui” per le strade del mondo.

Come vivere questo nella nostra società oggi più che mai lacerata e chiusa in se stessa? Dopo anni con Gesù, Pietro pensava di conoscere la risposta, ma l’incontro con Cornelio gli ha fatto comprendere che doveva ripensare la propria fede e rimettersi in cammino.

Dopo 2021 anni noi crediamo di conoscere la risposta, ma la vita di ogni giorno ci mostra che l’appropriazione del messaggio di ieri non è sempre sufficiente per l’annuncio di domani. L’evento pasquale ci chiede di essere aperti alla novità di Dio, mentre continuiamo a condividere l’incontro che ha cambiato la nostra vita e a testimoniare la salvezza che ci ha raggiunto dal legno della croce.

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