HomeAnno AChiamati a benedire: Nm 6,23-27

Chiamati a benedire: Nm 6,23-27

Il Signore parlò a Mosè e disse: ²³«Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro: ²⁴Ti benedica il Signore e ti custodisca. ²⁵ll Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. ²⁶II Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. ²⁷Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».

Un semplice dato statistico ci ricorda che tra i termini più ricorrenti dell’Antico Testamento come del Nuovo c’è il verbo bāraḵ, benedire, e il sostantivo bᵉrāḵâ, benedizione (552 volte nell’Antico Testamento, 65 nel Nuovo Testamento). Dio è presentato come colui che benedice, fin dall’inizio del mondo, le sue creature. Benedice i viventi perché siano fecondi e si moltiplichino (Gen 1,22), l’uomo e la donna perché dominino su tutto il creato (Gen 1,28), il sabato, segno del riposo e della gioia senza fine (Gen 2,3). Si parla anche delle sue maledizioni, ma molto raramente. La maledizione indica il rifiuto della relazione. Maledire qualcuno significa dichiarare che con lui non si ha nulla in comune, che lo si considera un estraneo, che lo si esclude dalla propria vita. Caino, il maledetto, è rifiutato anche dalla terra che ha bevuto il sangue di Abele.

Quando la maledizione è attribuita a Dio, non significa che egli, indignato, si vendica di un affronto ricevuto inviando disgrazie e castighi, ma che non vuole essere considerato connivente di scelte di morte, che disgiunge le proprie responsabilità. Via, lontano da me, maledetti! non indica il rifiuto di coloro che hanno sbagliato, ma è la dichiarazione di non avere nulla a che fare con chi non dà da mangiare a chi ha fame, non riveste gli ignudi…

Benedire è l’opposto di maledire, è dichiarare di essere in sintonia, è voler instaurare rapporti di solidarietà e condivisione. È la disposizione di chi ricerca l’incontro, l’unione, la fratellanza. Da Dio proviene solo la benedizione. Ha chiamato Abramo perché fosse fonte di benedizione e da lui nascesse una grande nazione che portasse la benedizione del Signore a tutte le famiglie della terra (Gen 12,2-3). Ha inviato suo figlio per portare la benedizione (At 3,26), per questo vuole che i suoi figli benedicano sempre, anche i nemici: Benedite e non maledite (Rm 12,14). Non rendete male per male né ingiuria per ingiuria, ma rispondete augurando il bene. A questo infatti siete stati chiamati da Dio per avere in eredità la sua benedizione (1 Pt 3,9).

I mediatori della benedizione

La prima lettura di questo primo giorno dell’anno introduce anzitutto la figura dei mediatori della benedizione del Signore, i sacerdoti, figli di Aronne incaricati di porre il nome del Signore sugli Israeliti (vv. 22-23.27). Voi che state nella casa del Signore durante la nottealzate le mani verso il santuario e benedite il Signore – è il saluto che, prima di lasciare il tempio e tornare alle proprie case, i pellegrini rivolgevano ai sacerdoti (Sal 134,1-2).

Il compito di pronunciare la formula di benedizione più sacra e più antica d’Israele è affidato, anche oggi, ai sacerdoti. Durante il culto sinagogale, soltanto un sacerdote può invocare la benedizione sui presenti, imponendo le mani sull’assemblea. Anticamente era nel tempio, al termine del sacrificio della sera, che il sacerdote pronunciava la benedizione del libro dei Numeri. Ben Sirach che ha assistito a questo solenne rito, eseguito dal sommo sacerdote Simone, figlio di Onia, lo descrive commosso: Scendendo, egli alzava le sue mani su tutta l’assemblea dei figli d’Israele, per dare, con le sue labbra, la benedizione del Signore e per gloriarsi del nome di lui. Tutti si prostravano per ricevere la benedizione dell’Altissimo (Sir 50,20-21).

Perdere la capacità di mediare la benedizione del Signore era ciò che di più infamante poteva accadere ai sacerdoti. Il profeta Malachia conclude così la requisitoria contro di loro: Voi avete deviato dalla retta via e siete stati d’inciampo a molti con il vostro insegnamentoPerciò anch’io vi ho reso spregevoli e abbietti davanti a tutto il popolo… (Ml 2,8-9); manderò su voi la maledizione e cambierò in maledizione le vostre benedizioni (Ml 2,2b).

Il Signore ti benedica…

Sono le prime parole che la liturgia ci fa ascoltare in questo inizio d’anno affinché rimangano ben impresse nella mente e nel cuore. I sacerdoti che le devono pronunciare non sono solo i presbiteri, ma ogni membro del popolo sacerdotale della nuova alleanza. Ogni cristiano dovrà avere sulle labbra solo parole di benedizione per amici e nemici lungo tutto l’anno. Per tre volte viene invocato il nome ineffabile del Signore – YHWH –, il cui significato letterale – Io ci sarò – oggi potrebbe essere parafrasato così: durante quest’anno io sarò sempre accanto a te e in ogni momento ti benedirò. A ognuna delle tre invocazioni del Nome sono aggiunte due richieste. Sono sei immagini che esprimono invocazioni di grazie e favori.

  1. Ti benedica. Il Signore benediceva il suo popolo quando lo colmava di beni, quando elargiva prosperità e salute, successi e vittorie, piogge e fecondità dei campi e degli animali (Dt 28,1-8). Compito dei sacerdoti era indicare al popolo i disegni del Signore sul creato ed educarlo a rispettarli e a portarli a compimento. Il creato non va violentato, va gestito in armonia con i progetti del Creatore, solo così si creano le condizioni perché giungano agli uomini le benedizioni del Cielo e i frutti della terra siano abbondanti.
  2. E ti custodisca. Il richiamo evidente è al compito che Dio si è assunto di essere pastore e custode d’Israele. Il salmista prometteva al pio israelita: Non si addormenterà il tuo custode (Sal 121,3). Se ti fiderai del Signore, tuo pastore, egli veglierà e non permetterà che a te si accostino lupi o briganti che possano toglierti la vita.
  3. Faccia risplendere per te il suo volto. Dal volto riconosciamo lo stato d’animo di una persona e le sue disposizioni interiori nei nostri confronti. Il volto raggiante è segno di amicizia e di benevolenza, ispira fiducia. Per questo il pio israelita chiede al Signore: Non nascondermi il tuo volto (Sal 27,9), non mostrarti adirato; fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi (Sal 80,4).
  4. E ti faccia grazia. Ti colmi gratuitamente di tutti i suoi doni. Ma potrebbe anche voler dire: ti renda grazioso, attraente, motivo di attenzione e affetto da parte di chiunque ti avvicina.
  5. Rivolga a te il suo volto. Di nuovo il richiamo al volto; viene ripreso il tema del sorriso sereno e compiaciuto di Dio sul suo servo fedele e benedetto. È la premessa indispensabile per ricevere l’ultimo dono, la pace.
  6. E ti conceda pace. Lo šālôm biblico non è solo assenza di guerre; è pienezza di vita, è l’insieme di tutti i doni divini. Se Dio non sorride perché la vita dell’uomo non è inserita nel suo disegno di amore, allora non ci può essere lo šālôm. Saremmo sempre in un mondo di odi, rivalità, ingiustizie, non si avrà la gioia della vita.

L’ultima espressione letteralmente suona wᵉyāśēm lᵉḵā šālôm = ponga su di te la pace. Essa non indica un dono momentaneo, ma la pace duratura, il regno di Dio che quest’anno ogni credente in Cristo si impegnerà a costruire.

1 commento

  1. Bene-dire, male-dire, questi due verbi sono due verbi cardine, non è così scontato associare il dire male di qualcuno al fatto concretto che questo significa maledire. Come dire bene di qualcuno vuol dire benedire. Se è vero che siamo figli del Padre, di Colui che ha bene-detto ogni cosa e in modo supremo l’ uomo, non possiamo eludere il nostro compito di benedire. Siamo chiamati a questo in modo che questo nostro bene-dire si spanda in noi e intorno a noi e rechi pace. Cristo è venuto con questo compito supremo, donare all’uomo la pace. Questa scende dal cielo, da un cielo che è aperto all’uomo e da cui Dio volge lo sguardo e benedice. Questo sguardo di Dio sull’uomo è la Nube della protezione, dell’accompagnamento, della benevolenza, tutto questo ce lo dona il Figlio che obbedendo ha fatto si che la Pace fosse ancora possibile tra Dio e l’uomo. Benedire allora è ben altro che dire- bene è avere in sé la Pace e saperla donare perché il mondo riimpari a benedire Dio che è la Benedizione.

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