La comunità giovannea dei discepoli, nonostante l’evento straordinario della Risurrezione del suo Maestro Gesù, sperimenta da subito la difficoltà della missione quando testimonia l’incontro con il Risorto ad uno di loro:Tommaso.
Giovanni lo presenta come uno dei dodici, ma aggiunge una specificazione: «chiamato Didymos». Normalmente il termine è tradotto come «gemello», ma letteralmente significa «doppio»: forse indica una sorta di ambivalenza presente nell’apostolo, come sembra emergere dai suoi due interventi precedenti (cfr. Gv 11,16; 14,2).
Non siamo informati sui motivi della sua assenza nella sera di Pasqua: è un “bianco” narrativo che il lettore può colmare con le proprie ipotesi. Il v. 25 rivela comunque una tensione: Tommaso non aveva creduto all’annuncio di Maria e non crede alla testimonianza della comunità. Esige una prova tangibile: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo» (v. 25).
Otto giorni dopo, anche Tommaso si trova insieme agli altri. Il vangelo di Giovanni sembra così indicare l’appartenenza alla comunità credente come criterio per incontrare il Risorto: anche se il Signore incontra “navigatori solitari” come Paolo, li riporta in comunità. Giovanni segnala ancora una volta la presenza di porte sbarrate che il Risorto deve penetrare (Gv 20,26b). Alla luce della risposta che Tommaso ha dato all’annuncio dei suoi amici che Gesù era risorto, si può ipotizzare che la porta serrata rappresenti l’incredulità di Tommaso, la sua chiusura all’annuncio.
Gesù entra e dona nuovamente la sua pace. Subito va da Tommaso dove si trova, accettando il suo bisogno di toccare, di avere prove tangibili. Insieme, tuttavia, lo sfida a percorrere un cammino di conversione da non credente a credente: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!» (v. 27).
Che cosa accade nel cuore di Tommaso? Non ci viene detto e resterà per sempre celato come in un sacrario. Per la verità il racconto non ci dice neppure se Tommaso abbia toccato o meno i segni della passione. Sappiamo però che, colto nel profondo dallo sguardo del Crocifisso-Risorto e interpellato dalla sua Parola che fa verità nella sua vita, anche Tommaso «vede» e giunge a formulare una delle più belle e toccanti professioni di fede del Nuovo Testamento: «Mio Signore e mio Dio» (v. 28).