Il giuramento d’Innocenza.
È una tipica prassi giuridica che si svolgeva in due momenti: la protesta di innocenza (si confessa che non si sono commessi peccati) e l’automaledizione (vv. 4-6).
Il giusto accusato protesta vivacemente la profonda onestà morale del suo comportamento, la purezza delle sue mani e la corretta applicazione dell’amore e della vendetta: ripagare con il bene l’amico e spogliare a ragione gli avversari. Per noi questa pratica sembra alquanto discutibile se non aberrante. Essa però è in perfetta sintonia con la legge del taglione.
Il v. 6 contiene l’automaledizione espressa come imprecazione. Se io dovessi mentire, Dio deve consegnarmi nelle mani dei miei nemici più feroci, i quali mi inseguiranno, mi raggiungeranno, mi calpesteranno nella polvere e mi trascineranno come un bottino del loro personale trionfo.
Ora tutto tace mentre l’orante è in attesa del verdetto divino. Dio solo può confermare la verità, può appianare l’ingiustizia, condannando il vero colpevole.