Al settimo giorno lo schema adottato nei sei giorni precedenti salta: non c’è alcun comando e non segue alcuna esecuzione. A questo giorno molto ricco dedicherà più di un post. Cominciamo leggendo il testo.
¹Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. ²Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. ³Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando.
⁴Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero creati.
2:1 וַיְכֻלּ֛וּ הַשָּׁמַ֥יִם וְהָאָ֖רֶץ וְכָל־צְבָאָֽם׃ 2 וַיְכַ֤ל אֱלֹהִים֙ בַּיּ֣וֹם הַשְּׁבִיעִ֔י מְלַאכְתּ֖וֹ אֲשֶׁ֣ר עָשָׂ֑ה וַיִּשְׁבֹּת֙ בַּיּ֣וֹם הַשְּׁבִיעִ֔י מִכָּל־מְלַאכְתּ֖וֹ אֲשֶׁ֥ר עָשָֽׂה׃ 3 וַיְבָ֤רֶךְ אֱלֹהִים֙ אֶת־י֣וֹם הַשְּׁבִיעִ֔י וַיְקַדֵּ֖שׁ אֹת֑וֹ כִּ֣י ב֤וֹ שָׁבַת֙ מִכָּל־מְלַאכְתּ֔וֹ אֲשֶׁר־בָּרָ֥א אֱלֹהִ֖ים לַעֲשֽׂוֹת׃ פ 4 אֵ֣לֶּה תוֹלְד֧וֹת הַשָּׁמַ֛יִם וְהָאָ֖רֶץ בְּהִבָּֽרְאָ֑ם
L’universo tempio di Dio
Il tutto si apre con un’annotazione: «Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere» (2,1). Il verbo impiegato è la forma passiva della radice verbale kālāh, «finire, terminare». Ora si può terminare attraverso un processo di sottrazione o azzeramento, da qui il significato di «distruggere», oppure quello di completamento, da cui il senso di «completare». Il contesto giustifica il secondo significato. La forma è passiva e plurale per cui lascia sotteso l’agente che fa il completamento. Al lettore attento non sfugge che esso sia il soggetto agente di tutto il capitolo precedente, Dio.
Ciò che viene completato sono, richiamando l’inizio di Gen 1, «i cieli e la terra e le loro schiere». Quest’ultimo termine, sᵉḇāʾā («schiera») fa riferimento non solo agli elementi celesti, ma anche a quelli terrestri, è una formula che riassume tutte le creature del cielo e della terra. Il vocabolo evoca le «schiere del Signore», il cui retroterra in origine era di carattere militare: indicava gli eserciti protetti e assistiti dalla vicinanza del Signore. Nel nostro racconto le schiere non sono più gli eserciti schierati per la battaglia ma il cielo e la terra. Nell’AT il vocabolo ha anche un uso liturgico specialmente nella tradizione sacerdotale: designa le classi dei leviti e dei cantori addetti al culto (cf. Nm 4,3.23.30.35.39.43; 8,24.25; ecc.). Di conseguenza, con una fine allusione, tutte le creature sono presentate come una splendida serie di grandi corali che celebrano la liturgia cosmica.
Il cosmo stesso appare come un grande tempio. Infatti al secondo giorno Dio crea il «firmamento», una grande lastra solida. Il vocabolo raqîʿa, molto raro nell’AT, è adoperato dal profeta Ezechiele (Ez 1,22-23.25-26; 10,1) e dalla tradizione sacerdotale che sta sullo sfondo di Gen 1 per qualificare la solida base su cui poggia il trono di Dio nella sua gloriosa apparizione. Per il lettore avvezzo al linguaggio liturgico e profetico l’allusione del testo è chiara: il cielo è la base del trono di Dio, mentre il cosmo è il tempio della sua gloria.
Questo dato è confermato ulteriormente nel quarto giorno, quando per indicare il sole e la luna il narratore ricorre al termine māʾōr «lampadario», impiegato per indicare le lampade del tempio. Il sole e la luna sono quindi le lampade del tempio cosmico e hanno funzione di segni per le «feste» mōʿădîm, altro vocabolo tecnico che indicava propriamente i tempi stabiliti per le feste liturgiche, le «solennità del Signore» (cf. Lv 23,2). Di conseguenza gli astri sono spogliati del loro carattere divino per diventare regolatori del tempo liturgico, funzionali alle celebrazioni sacre in onore del Signore.
C’è un’unica finalità che unisce il cielo e la terra, celebrare il Creatore. Questa è la finalità, esattamente come il primo e il secondo esodo avevano come télos (= fine) quella di «celebrare una festa al Signore», di «cantare le lodi del Signore» (cf. Es 5,1; Is 43,21); non a caso è situata nel «giorno settimo», nel sabato che è il giorno liturgico, il giorno in cui l’israelita riposa per la comunione con il Signore, il giorno che è sacramento di una comunione di tutto l’universo con il suo Dio.