Come per il terzo giorno si racconta la creazione di due opere, così per il sesto: quella degli animali terrestri (vv. 24-25) e quella dell’uomo (vv. 26-28). In ordine inverso poi, prima per gli uomini e poi per gli animali, si narra del cibo che viene assegnato (vv. 29-31).
²⁴Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici, secondo la loro specie». E così avvenne. ²⁵Dio fece gli animali selvatici, secondo la loro specie, il bestiame, secondo la propria specie, e tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona.
²⁴ וַיֹּ֣אמֶר אֱלֹהִ֗ים תּוֹצֵ֨א הָאָ֜רֶץ נֶ֤פֶשׁ חַיָּה֙ לְמִינָ֔הּ בְּהֵמָ֥ה וָרֶ֛מֶשׂ וְחַֽיְתוֹ־אֶ֖רֶץ לְמִינָ֑הּ וַֽיְהִי־כֵֽן׃ ²⁵ וַיַּ֣עַשׂ אֱלֹהִים֩ אֶת־חַיַּ֨ת הָאָ֜רֶץ לְמִינָ֗הּ וְאֶת־הַבְּהֵמָה֙ לְמִינָ֔הּ וְאֵ֛ת כָּל־רֶ֥מֶשׂ הָֽאֲדָמָ֖ה לְמִינֵ֑הוּ וַיַּ֥רְא אֱלֹהִ֖ים כִּי־טֽוֹב׃
Nel suo comando Dio riprende quanto detto al terzo giorno a proposito della terra: «La terra faccia uscire…». C’è lo stesso verbo (tôṣēʾ)1. Se al terzo giorno la terra doveva far uscire la vegetazione qui sono gli esseri viventi. Il testo ebraico usa il singolare, nefeš ḥayyah, come se il mondo animale fosse un unico grande essere vivente che si declina poi in differenti specie. Del termine nefeš ho già trattato nel post precedente a cui rimando.
Il narratore fa ricorso all’antica idea della terra madre, la differenza qui in Genesi è che Dio ordina alla terra di produrre, così facendo viene tolto ogni aspetto di «divino» alla terra2.
Gli essere viventi, in questo caso terrestri, vengono enumerati e distinti secondo tre categorie: bestiame, rettili e animali selvatici. Con il termine bestiame (= bᵉhēmâ) si enumerano gli animali domestici, quelli più prossimi all’uomo o che vivono con lui. I rettili (= remeś) sono gli animali senza zampe, o con zampe tanto corte che sembrano non averne, e quegli esseri che noi chiamiamo insetti. Infine ci sono gli animali selvatici (ḥaytô-ʾereṣ = essere della terra), cioè gli animali che vivono lontano dall’uomo e non hanno rapporto con lui, spesso sono pericolosi per l’uomo stesso e si muovono su terreni non coltivati (cf. Sal 79,2; 104,11; ecc.).
Notiamo che nell’esecuzione del comando il narratore afferma che è Dio che opera non la terra, nonostante il comando dato alla terra: «Dio fece…». Il verbo non è «creare» (bāraʾ) come per i grandi esseri marini (cf. v. 21), ma il più generico verbo «fare» (ʿāśāh) che ritroveremo nel versetto successivo a proposito della creazione dell’uomo.
Inoltre per cinque volte si ripete l’espressione «secondo la proprie specie» (lᵉmînāh) che riguarda sia la vita vegetale che animale. Essa non ha altro fine che mediare un immagine di ordine cosmico voluto dal Creatore. Quello che Dio opera con l’ordinamento, l’ornamento e l’animazione, attua un passaggio dal caos all’armonia, cioè dall’indifferenziato iniziale al regime della differenza.
Infine, c’è il giudizio di Dio che «vide che era cosa buona». La differenziazione, secondo la propria specie, non è percepita in alcun modo come negativa, bensì inscritta nel progetto di Dio.