Dio vide che la luce era cosa buona
וַיַּ֧רְא אֱלֹהִ֛ים אֶת־הָא֖וֹר כִּי־ט֑וֹב
Il narratore non si accontenta di raccontare quanto Dio fa, vuole anche comunicare al lettore quello che vede e prova. Lo fa dipendente per sette volte la formula: «E Dio vide che era cosa buona». Il vedere di Dio è già di per sé positivo. Quello che è visto da Lui è espresso con il vocabolo ebraico ṭôḇ. Tutto ciò che esiste è ṭôḇ!
Tre diverse sfumature di significato rendono il termine difficile da tradurre in italiano; inoltre, per noi questi aspetti sono difficili da tenere insieme.
- Nel vocabolo è presente un senso morale, per cui lo si rende con «buono». La luce e tutta la creazione è una realtà interamente positiva; in tal senso il testo di Gen 1 sarà ripreso molto tempo più tardi nel Libro della Sapienza in un passo importante: «Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte» (Sap 1,14).
- C’è poi un senso di carattere pratico, ovvero utile, conforme al suo scopo. Questo sarebbe il significato primario. La creazione è ṭôḇ perché risponde perfettamente al sogno e la progetto di Dio.
- Infine il termine contempla un senso estetico; non è un caso che il traduttore greco della Genesi nella sua celebre versione dei Settanta renderà l’ebraico ṭôḇ con il termine greco kalòs, «bello»; la creazione è una realtà che suscita in chi la contempla ammirazione e meraviglia; la bellezza del creato diventa via privilegiata per scoprire la presenza del Creatore (cf. Sap 13,15). Inoltre, non va dimenticato che la formula sopra ricordata evidenzia il primato del vedere: «E Dio vide…»; Dio stesso contempla visivamente e si riempie gli occhi della meraviglia della sua opera.
E Dio vide che era una cosa buona, utile, davvero una cosa molto bella: in questa prospettiva, la pagina di Gen 1 non ha la minima pretesa, né può essere in alcun modo considerata, di essere una trattazione di carattere storico o scientifico sulle origini del mondo. Il narratore, invece, mette il suo lettore di fronte a una meditazione sapienziale sul senso della creazione. Affermare che il è ṭôḇ, «buono, utile, bello», è un invita a tutti gli uomini e donne a contemplarlo e a comprendere il disegno che è all’origine.
Così narrando si mette fine ad ogni forma tenebrosa di pessimismo e si sgombera il campo dalla tentazione di attribuire alla creazione un valore negativo: la bontà/bellezza della creazione non è qualcosa di aggiunto o di secondario, qualcosa che può anche perdersi, ma costituisce l’essenza stessa del creato, che dunque nessun «male» (sia esso il peccato degli uomini o qualunque altra forma di «male» noi possiamo concepire) può eliminare. Il creato è una realtà positiva perché è uscito dalla bocca e dalle mani di Dio; la Scrittura non dimenticherà mai questo principio
Certamente il termine ha un carattere morale «buono», un carattere estetico «bello» e un carattere pratico ovvero «utile» in quanto conforme allo scopo, ma tutto è retto dallo sguardo amorevole di Dio che, come l’artigiano, vede e giudica quanto ha fatto e se ne compiace.
Da questa bontà/bellezza riconosciuta dallo stesso Creatore sgorga l’invito alla lode.
La creazione ha in sé un principio vitale, di vita. Io mi meraviglio nel vedere; per esempio, dopo un incendio, come la vita che Dio ha impresso nel creato è più forte della mano distruttiva di chi appicca il fuoco. È una meraviglia e, mi nasce la lode, perché tutto Dio ha creato per la vita, per la bellezza, per la santità, poiché la santità è bellezza senza fine, compimento di un progetto che nasce da Dio e che, ritorna a Lui, cioè si compie. In quel primo sguardo c’è tutta la meraviglia di Dio nei confronti di ciò che ha pensato e creato. È come una madre che contempla il bimbo che è appena nato, lo aveva in sé ed ora uscendo da sé lo può contemplare. È una sensazione che una madre può capire, niente è più bello di ciò che prende vita da te, e uscendo da te diventa altro da te, e, pur se è una relazione di libertà, questo fatto imprime un legame indissolubile e, parlando di Dio, eterno.