«Se nella Bibbia esiste un’arte compositiva su grande scala, essa è certamente composita».
L’espressione di Sonnet ((J.-P. Sonnet, L’alleanza della lettura. Questioni di poetica narrativa nella Bibbia ebraica (Lectio 1), Roma – Cinisello Balsamo (MI) 2011, 137.)) trova conferma nei capitoli iniziali del libro della Genesi. I due racconti della creazione (Gen 1 e Gen 2–3) sono nati separatamente e in ambienti diversi, poi sono stati messi insieme così come noi adesso li leggiamo nella Bibbia. Non è stato un lavoro posticcio ma dobbiamo dire con Yairah Amit che è vera arte della composizione («art of editing») che si configura, a partire da materiali preesistenti, come una profonda rielaborazione d’insieme. Quali sono state le ragioni che hanno guidato l’organizzazione di un racconto (Gen 1–3) con all’interno due racconti sulla creazione in sequenza?
A livello di superfici c’è probabilmente la volontà di non perdere nulla di quanto la tradizione ha consegnato. J.-L. Ska parla di «legge della conservazione» (delle fonti) 1 . Si ha quindi un patchwork 2 di testi più antichi e questo non è solo un fenomeno della Bibbia, ma è riscontrato in testi extra-biblici. È fondamentale a questo proposito lo studio di Tigay sull’epopea di Gilgamesh che è giunto a noi in diverse versioni successive le quali mostrano l’integrazione di episodi diversi in un insieme progressivamente unificato 3.
Non è però solo questa la ragione, in quanto suona come un mancato riconoscimento dell’abilità dell’«arte della composizione». Infatti il racconto biblico è molto di più di un semplice contenitore di racconti, cuciti tra loro maldestramente. Bisogna, invece, riconoscere una sapiente opera di rielaborazione d’insieme che ha saputo valorizzare tasselli diversi per comporre un unico e organico mosaico.
Gen 1–3 risulta quindi essere un insieme di testi complementari: si è fatto tesoro delle diversità letterarie e teologiche per affrontare in modo diverso lo stesso tema. Il racconto di Gen 1 si interessa maggiormente del mondo totale, dell’universo, del cosmo offrendo su di esso uno sguardo ordinato e bello, tutto molto buono; mentre quello di Gen 2–3 si focalizza sull’umanità e finisce per denunciare una grave disarmonia che si è venuta a creare nell’impianto divino proprio per colpa dell’umanità. Mentre il primo testo mostra il creato nella prospettiva dell’ordine divino, che tutto regola e controlla, il secondo racconto evidenzia piuttosto la relazione fra Dio e l’uomo, in cui la libertà umana introduce l’imprevedibile e il disordine.
Anche le domande che soggiacciono ai racconti sono diverse ma non si escludono, anzi si compenetrano: Gen 1 sembra rispondere alle domande: Da dove viene il mondo? Da dove viene ciò che esiste? Perché è fatto così? Mentre Gen 2–3 tenta di far fronte alle domande: Perché l’uomo è così? Perché la vita dell’uomo si svolge così? Perché la relazione uomo-donna è segnata dall’attrazione, ma anche dal conflitto? Perché il lavoro dell’uomo è segnato dalla fatica? Perché il parto avviene nel dolore?
Gen 1–3 è dunque un mosaico dove i tasselli sono stati ben integrati: gli «editori», infatti, hanno voluto anzitutto mostrare il «bellissimo» progetto divino e poi, realisticamente, hanno preso in considerazione le brutte situazioni che segnano la vita del mondo. Le due prospettive si richiamano e si completano a vicenda: da una parte la contemplazione di un cosmo perfetto non può chiudere gli occhi sulle disarmonie esistenti nell’esperienza umana; ma d’altra parte la considerazione del peccato umano, responsabile delle disarmonie storiche, non deve far dimenticare la forza originaria del progetto divino, che non è affatto neutralizzato dalla disobbedienza dell’uomo. Così la rivelazione biblica mostra fin dall’inizio la dinamica di un progetto che tende a realizzarsi, superando ogni ostacolo.
- Cf. J.-L. Ska, Introduzione alla lettura del pentateuco. Chiavi per l’interpretazione dei primi cinque libri della Bibbia (Collana biblica), Roma 1998, 186-207, in particolare le pagine 192-193.
- Sonnet, L’alleanza della lettura, 137-138.
- J.H. Tigay, The Evolution of the Gilgamesh Epic, Philadelphia 1982..)) . Si può immaginare qualcosa del genere anche per i testi biblici ((J.H. Tigay, The Evolution of the Pentateuchal Narratives in the Light of the Evolution of the Gilgamesh Epic, in J.H. Tigay, ed., Empirical Models for Biblical Criticism, Philadelphia 1985, 21-52. A proposito di Gen 1–3 Ska, Introduzione alla lettura del pentateuco, 193, scrive: «In Gen 1–3 si susseguono due racconti della creazione. Sarebbe stato più semplice sopprimerne uno in favore dell’altro. […] gli ultimi redattori ed editori della Bibbia hanno preferito mettere i loro lettori di fronte a un primo “doppione” piuttosto vistoso».