15 Poi il re d’Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle quali una si chiamava Sifra e l’altra Pua: 16 «Quando assistete al parto delle donne ebree, osservate quando il neonato è ancora tra le due sponde del sedile per il parto: se è un maschio, lo farete morire; se è una femmina, potrà vivere». 17 Ma le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d’Egitto e lasciarono vivere i bambini. 18 Il re d’Egitto chiamò le levatrici e disse loro: «Perché avete fatto questo e avete lasciato vivere i bambini?». 19 Le levatrici risposero al faraone: «Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitalità: prima che arrivi presso di loro la levatrice, hanno già partorito!». 20 Dio beneficò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte. 21 E poiché le levatrici avevano temuto Dio, egli diede loro una numerosa famiglia. 22 Allora il faraone diede quest’ordine a tutto il suo popolo: «Ogni figlio maschio che nascerà agli Ebrei, lo getterete nel Nilo, ma lascerete vivere ogni figlia».
Un progetto di genocidio
Dopo il fallito tentativo di opprime il popolo con i lavori forzati, il Faraone, spinto dalla sua fobia progetta qualcosa di ancora più spaventoso, l’annientamento degli ebrei, il loro genocidio. L’eliminazione dei figli maschi, infatti, significa l’annientamento totale della stirpe, del «nome» e della memoria di un popolo (cf. 1Re 11,14-15; Sal 109,13); le femmine vengono risparmiate per ovvi motivi (cf. Gdt 10,14-23)! In conclusione l’ultima sezione del capitolo (1,15-22) fa emergere in maniera brutale e assurda il progetto omicidio dell’anti-sapienza del Faraone: eliminando gli oppressi, vorrebbe eliminare anche la propria angoscia. Potrà essere sconfitta questa seconda modalità che sembra non lasciare scampo?
Si tratta di una lotta contro la benedizione portatrice della vita. Il re è un angelo della morte in quanto ordina di togliere la vita alla sua alba. Egli vorrebbe limitare la creazione, abbassare il tasso di crescita e di fecondità.