Elohim, Dio creatore. Terza parte

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Credit NASA Goddard Space Flight Center Image by Reto Stöckli (land surface, shallow water, clouds). Enhancements by Robert Simmon (ocean color, compositing, 3D globes, animation). Data and technical support: MODIS Land Group; MODIS Science Data Support Team; MODIS Atmosphere Group; MODIS Ocean Group Additional data: USGS EROS Data Center (topography); USGS Terrestrial Remote Sensing Flagstaff Field Center (Antarctica); Defense Meteorological Satellite Program (city lights). This spectacular “blue marble” image is the most detailed true-color image of the entire Earth to date. Using a collection of satellite-based observations, scientists and visualizers stitched together months of observations of the land surface, oceans, sea ice, and clouds into a seamless, true-color mosaic of every square kilometer (.386 square mile) of our planet. These images are freely available to educators, scientists, museums, and the public. This record includes preview images and links to full resolution versions up to 21,600 pixels across. Much of the information contained in this image came from a single remote-sensing device-NASA’s Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer, or MODIS. Flying over 700 km above the Earth onboard the Terra satellite, MODIS provides an integrated tool for observing a variety of terrestrial, oceanic, and atmospheric features of the Earth. The land and coastal ocean portions of these images are based on surface observations collected from June through September 2001 and combined, or composited, every eight days to compensate for clouds that might block the sensor’s view of the surface on any single day. Two different types of ocean data were used in these images: shallow water true color data, and global ocean color (or chlorophyll) data. Topographic shading is based on the GTOPO 30 elevation dataset compiled by the U.S. Geological Survey’s EROS Data Center. MODIS observations of polar sea ice were combined with observations of Antarctica made by the National Oceanic and Atmospheric Administration’s AVHRR sensor—the Advanced Very High Resolution Radiometer. The cloud image is a composite of two days of imagery collected in visible light wavelengths and a third day of thermal infra-red imagery over the poles. Global city lights, derived from 9 months of observations from the Defense Meteorological Satellite Program, are superimposed on a darkened land surface map.

La domanda che si pone è da dove nasce questa idea di Dio. La prima pagina della Bibbia non è stata la prima pagina scritta. Anzi ci sono ragioni per credere che sia una delle ultima pagina scritte. Si presenta infatti come una elaborazione del popolo di Israele fatta durante l’esilio Babilonese (587-538 a.C.). Questa esperienza e l’incontro con la cultura e la religione mesopotamica hanno spinto gli israeliti a ripensare la loro fede. C’era bisogno di un linguaggio nuovo per rispondere alle sfide del presente.

Grandi sfide

Due grandi sfide si ponevano all’orizzonte per la comunità di Israele. Con la presa di Gerusalemme, la distruzione del Tempio e la fine della monarchia poteva apparire, secondo la mentalità del tempo, che Jhwh il Dio di Israele fosse un Dio oramai «morto», incapace di difendere il suo popolo e la sua città santa. Se gli déi di Babilonia sono più potenti di Jhwh, Dio di Israele, perché non adottare la religione dei vincitori?

Israele supera questa tentazione perché è riuscito a dimostrare che il suo Dio era di gran lunga superiore agli altri déi. Il nostro testo è uno di quelli usati per la dimostrazione. Qui infatti Jhwh, chiamato Elohim è il Dio creatore. Non è quindi più il Dio locale o nazionale, ma il Dio universale e, quindi, anche il Dio della Mesopotamia, di Babilonia o della Persia. È il Dio di tutte le nazioni. L’autore l’ha dimostrato in Gen 1 mettendo gli astri, vale a dire il sole, la luna e le stelle sotto il dominio di Jhwh, Dio di Israele. Inoltre non li chiama neppure per nome, forse per non alludere alle divinità della Mesopotamia che erano quasi tutte identificate con gli astri. Ora se il Dio di Israele ha creato quello che i potenti popoli della Mesopotamia consideravano loro divinità, ciò significa che Jhwh è Signore su di esse ed è molto superiore ad esse. Ricorrendo poi a un principio delle culture semitiche antiche, che vedevano in ciò che veniva prima, o era più antico una realtà superiore e più importante di quello che seguiva, l’autore di Gen 1 afferma che il Dio di Israele, in quanto creatore, era precedente agli astri e quindi alle divinità mesopotamiche. Di conseguenza deve godere di maggior stima ed è decisamente superiore. Con parole più teologiche Jhwh trascende tutto il creato.

La conseguenza è chiara: se il Dio d’Israele è tale, non vi è alcuna ragione di abbandonarlo per onorare divinità inferiori.
Non solo il Dio d’Israele è superiore, ma è di qualitativamente diverso. Egli non si può considerare alla stregua degli déi mesopotamici che erano spinti al dominio alienante e così ad esso spingevano i loro adepti. Il Dio d’Israele esercita un potere che si fa delega, che lascia il posto all’iniziativa dell’uomo, anzi lo chiama all’autonomia. È una antitesi netta al concetto di divinità presente nel mondo mesopotamico.

La seconda sfida riguardava le istituzioni religiose che Israele aveva oramai definitivamente perduto: il tempio e la monarchia. Il racconto di Gen 1 permette a Israele di fare a meno di queste due istituzioni, perché ne delinea una terza che non è legata allo spazio ma al tempo. È lo shabbat, il settimo giorno. Esso può essere osservato sia in Terra di Israele sia nella diaspora. Se i confini dello spazio sono infranti ciò significa che non c’è luogo o situazione che sia esclusa della presenza e dalla possibilità di onorare Jhwh nel tempo.

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