Dopo il diluvio, che sembra aver spazzato via tutti coloro che avevano imboccato la strada della violenza, e dopo la promessa di Dio di relazionarsi in modo pacifico con le sue creature, ecco un nuovo racconto incentrato sulle relazione tra esseri umani: non più la relazione tra fratelli (Gen 4,1-16), ma quella che i fratelli hanno con il padre. È qui che ora si insinua il male ferendo mortalmente le relazioni più intime e sacre come quelle tra genitori e figli e tra fratelli.
Dopo versetti ponte (Gen 9,18-19), che fungono da sutura con il racconto del diluvio1, con cui il narratore riprende la notizia genealogica di 5,32, nei vv. 20-27, insieme all’informazione sulla coltivazione della vite e la «scoperta» del vino, egli offre un nuovo racconto strutturato sullo schema oramai rodato di “delitto — castigo” (cf. Gen 3; Gen 4,1-16; Gen 6-9) a cui fa seguire detti di maledizione e di benedizione. Infine chiude il tutto con la terza ripresa della genealogia di Noè (vv. 28-29) che informa su di quanti anni visse il patriarca dopo il diluvio, quanto lunga sia stata in totale la sua vita e sulla sua morte, completando così lo schema genealogico di Gen 5.
La struttura del racconto è semplice: si inizia in Gen 9,20-21 con una sequenza di cinque verbi d’azione con soggetto Noè; segue una seconda sequenza d’azione formata da sette verbi (vv. 22-23), con soggetto prima Cam (2 verbi) e poi Sem e Iafet (5 verbi). Nel settenario delle azioni dei fratelli, è importante il contrasto tra il «guardare» di Cam e il «non guardare» degli altri due. Al v. 24 altri due verbi di azione con Noè come soggetto portano a sette le azioni a lui attribuite. Il settenario noachico termina nei vv. 25 e 26-27 con due detti, che esprime la reazione del padre di fronte a quanto è accaduto: maledizione contro Canaan e benedizione a favore di Sem e Iafet:
Introduzione genealogica vv. 18-19
1. Il fatto
a – cinque azioni di Noè (vv. 20-21)
b – sette azioni dei fratelli (vv. 22-23)
a’ – due azioni di Noè (v. 24)
2. La reazione
a – contro Canaan- Cam (v. 25)
b – a favore di Sem e Iafet (vv. 26-27)
La terra ripopolata:
18I figli di Noè che uscirono dall’arca furono Sem, Cam e Iafet; Cam è il padre di Canaan. 19Questi tre sono i figli di Noè e da questi fu popolata tutta la terra.
I vv. 18-19 da un lato guardano indietro perché si ricollegano alla storia del diluvio e ancor prima alla genealogia di Adamo (Gn 5,32), dall’altro in avanti perché anticipano quello che sarà il tema dei capitoli 10–11 di Genesi: il popolamento della terra. Il verbo ebraico nāpaṣ reso dalla CEI con «popolare» significa anche «disperdere» (cf. 1Sam 13,11; Is 33,3)2 e in Gen 1–11 viene associato con un altro verbo dalla radice e significato simile pwṣ «disperdere» (10,18; 11,4.8.9). Il versetto anticipa il tema della dispersione dell’umanità su tutta la faccia della terra, caratteristico dei capitoli 10–11. Emerge chiaro il contrasto tra l’esiguo numero di coloro che sono usciti dall’arca, tre fratelli, e il popolamento della terra, ciò sarà segno della benedizione formulata in 9,1.7 («Siate fecondi e moltiplicatevi»).
I figli di Noè sono Sem, Cam e Iafet e si specifica subito che Cam è il padre di Canaan (cf. sotto). In loro sono prefigurati, per il narratore di Genesi, i tre grandi rami etnici che stanno alla base dell’umanità (ciò sarà chiarito bene nei capitoli 10–11), si caratterizzano quindi come figure corporative dei popoli usciti dai loro lombi.
Nel figlio Cam, il più piccolo, si perpetua e si realizza storicamente Canaan. Sarà il figlio maledetto da Noè. Sotto il nome di Canaan ci può essere il verbo knʿ
che significa «essere sottomesso» per estensione «essere schiavo»3 o semplicemente Cam/Canaan rappresenta come dice Lv 18 le popolazioni precedenti, espulse o sottomesse dagli Israeliti.
Sem è l’antenato dei semiti e di Israele, Sem vive nel popolo d’Israele. La sua benedizione passerà senza fratture al patriarca Abramo e ai successivi.
Sul nome Iafet sono state fatte varie ipotesi per identificarlo: sono i fenici oppure i filistei. Il dato basico è che si tratta di gente straniera che condivide con Israele il territorio e questo per un preciso disegno di Dio (cf. la benedizione del v. 27a). Ecco che quindi alcuni già escludono i filistei perché se il passo rientra nella fonte Yahvista, essa non vede di buon occhio i filistei. Ma se, come già più volte è emerso, fa problema parlare di una fonte Yahwista collocata al periodo salomonico, allora i filistei possono essere degli ottimi candidati4.
Riassunto genealogico: Gen 9,28-29
28Noè visse, dopo il diluvio, trecentocinquanta anni. 29L’intera vita di Noè fu di novecentocinquanta anni; poi morì.
I vv. finali 28-29 del capitolo nove chiudono la genealogia di Noè che era iniziata in 5,32, incorniciando al suo interno tutto il racconto del diluvio (Gen 6–9) che comprende anche il racconto dei figli di Noè. A margine evidenziamo come il narratore ami adombrare nella scena finale di un racconto, quello che avverrà nel ciclo narrativo successivo che, nel nostro caso, inizierà in 10,1 con queste parole: «Questa è la discendenza/storia dei figli di Noè: Sem, Cam e Iafet…». Per il narratore il titolo del ciclo narrativo lo dà il padre mentre i protagonisti veri e propri dei racconti sono i figli. Di conseguenza si capisce perché la storia del diluvio è stata inquadrata dentro la genealogia del padre Adamo, mentre quella che riguarda la diffusione sulla faccia della terra dell’umanità, con protagonisti i figli di Noè, sarà inserita all’interno della genealogia di Noè. Tale procedimento sarà riscontrabile nei cicli narrativi dei patriarchi5.
- Cf. Wenham, Genesis 1-15, 197; Borgonovo, Genesi, 91.
- Cf. Kaminski, From Noah To Israel, 15-21.
- Cf. E. Ruprecht, Der Traditionsgeschichtliche Hintergrund Der Einzelnen Elemente Von Genesis XII 2-3, in Vetus Testamentum 29.4 (1979), 283; L. Alonso Schökel, Dov’è tuo fratello? Pagine di fraternità nel libro della Genesi (Biblioteca di cultura religiosa 50), Brescia 1987, 66.
- Cf. Alonso Schökel, Dov’è tuo fratello, 67.
- I racconti di Abramo, ad esempio, sono incorniciati entro la genealogia del padre Terach (cf. Gn 11,27-12,4).