Abram credette “nel” Signore, che glielo accreditò come giustizia

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È il commento conclusivo del narratore della Genesi dopo che Dio condusse fuori Abram mostrandogli il cielo e invitandolo a contare le stelle… (Cf. Gen 15, 5-6)

Credere

Il verbo ebraico ʾaman (da cui il nostro amen), reso in italiano con credere porta il sé la radice della stabilità, infatti significa «essere saldo, essere affidabile». Esso si costruisce con la preposizione be, per cui assume fondamentalmente di «fissare la propria stabilità su», «stabilirsi sopra qualcosa o qualcuno» 1. Per il narratore Abram fissa la sua vita sulla (be) parola della promessa divina.

Per il dato biblico la fede è un atto umano globale che tende anzitutto alla persona di Dio, è un atto di relazione da persona a persona, di gran lunga più comprensivo del «ritenere per vere» delle affermazioni. Il primo caso del verbo biblico «credere» non è l’accusativo ma il dativo della persona su cui si fonda la propria consistenza. L’elemento primario e decisivo non è dunque un elenco di verità da credere. La formula «credo che» (accusativa) è quindi insufficiente per rendere la ricchezza della fede biblica2.

Abram trova il suo radicamento in Dio, nel senso che fonda il suo futuro sulla promessa di Dio. Permette a Dio di non essere un ipotesi di futuro, ma la voce attorno a cui tutta la sua vita si organizza. Per questo motivo, Paolo torna spesso a parlare della fede di Abram, vedendo in lui il primo credente alla maniera di Cristo Gesù (cf. soprattutto, Rm 4 e Gal 3).

Giustizia

La «giustizia» ṣedāqâ è un concetto di relazione, nel senso che è giusto colui che si pone nelle disposizioni corrette, quelle richieste dal rapporto stesso. La relazione giusta dell’uomo con Dio è di riconoscere la necessità dell’obbedienza della fede davanti a colui che si presenta come l’origine stessa della libertà dell’uomo.

Dio, nella sua promessa, ha indicato ad Abram il suo progetto: fare di lui il capostipite di un popolo, del suo popolo. Abram ha accolto la promessa con l’obbedienza della fede. Si è dunque posto davanti a Dio con la «giusta» relazione, riconoscendo a Dio il ruolo di Dio.

La giustizia di Abram diventa quindi misura di paragone normativa per ogni esperienza di fede: all’uomo che cerca il senso del suo futuro, Dio si fa incontro con la sua proposta di senso ultimo, chiedendogli di purificare ogni risposta accomodante.

La giustizia è la fede, in quanto riconoscimento di Dio come baricentro della nostra stabilità.

  1. Tre testi del profeta Isaia sono particolarmente importanti per tale concezione della fede: Is 7,9b; 28,16; 30,15. Soprattutto il primo testo pone in luce la valenza semica della «stabilità», usando il verbo ʾaman in niphal (= essere stabile) e in hiphil (= trovare stabilità, credere): “Se non crederete, non avrete stabilità”».
  2. Nella maggior parte delle lingue indoeuropee il verbo «credere» può avere il significato di «ritenere (soggettivamente) che»: ad es. «credo che domani faccia bello…». Questa valenza non appartiene al campo semantico della radice ebraica “credere” ʾaman.

2 Commenti

  1. Bella la sua semplice quanto esaustiva spiegazione teologica. Grazie. Volevo chiederle questa cosa: l’espressione “Credette nel Signore, che glielo accreditò come giustizia” sta a significare che, poiché Abram si è fidato, allora Dio gli ha reso quello che gli aveva promesso?

    • Nella relazione del credere l’affidarsi di Abram a Dio permette a quest’ultimo di dare corso a quanto aveva promesso. La formula biblica esprime una scambio “fiduciale”. È corretto quanto affermi.

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